Corrispondenze Musicali e Letterarie
Il concerto “Oltre lo Sguardo” propone un percorso mirato a creare stimoli musicali per osservare, confrontare, riflettere sul significato del Romanticismo musicale e letterario. Pagine speciali quelle scelte per il programma della serata dell’8 Dicembre 2022 alla Reggia di Caserta, con due pionieri dell’800’: Bruch e Beethoven. Entrambi gli autori connessi con il brano di apertura su commissione OFC intitolato “Come un Balenio” scritto dal nostro composer in residence Oderigi Lusi e proposto in prima esecuzione assoluta. Il lavoro si ispira alla punta più alta della produzione letteraria di Samuel Taylor Coleridge, nel 250° anniversario della nascita, La ballata del vecchio marinaio, inesauribile fonte d’ispirazione nel teatro e nella musica. Poeta di straordinaria immaginazione e critico di sconfinata cultura e raffinatezza, è annoverato tra i padri del Romanticismo inglese. Nato ad Ottery St Mary, a sud-ovest dell’Inghilterra, e morto ad Highgate nel luglio del 1834, Samuel Taylor Coleridge scrisse a quattro mani con William Wordsworth le Ballate liriche, opera-manifesto del movimento romantico inglese. Affascinato dall’idealismo tedesco di Schlegel e Schelling, da esso derivò il concetto di poesia quale strumento di massimo potere creativo.
Il nuovo brano di Oderigi Lusi “Come un balenìo” trasporta l’ascoltatore nel mistico mondo del soprannaturale, sapientemente calibrato con il mondo del reale; l’intero brano si basa su questa e altre opposizioni, quali quelle tra razionalità e irrazionalità, e tra ragione e immaginazione. In questo modo la composizione, in totale controtendenza con i lavori precedenti, si configura come una miscela perfetta di tonalità e modalità. La preziosità dei timbri prescelti, sullo sfondo neutro degli archi, offre lo stimolo al musicista per compiere quell’operazione di cesello strumentale in cui si distingue per intelligenza e valore artigianale di gran classe. È vero che il brano prende lo spunto da una certa sigla espressiva di stampo francese, ma in esso c’è tutta la personalità di Lusi e la sua sensibilità di elegante e raffinata inventiva, tesa ad evidenziare la qualità e il peso specifico di ogni strumento, nell’ambito di un discorso di magia cameristica. Con questa composizione suggestiva ed inquietante, dunque, Lusi intende parlarci della colpa, della sofferenza e della redenzione umana, caricando questi temi di segrete reminiscenze religiose. Secondo diverse interpretazioni, infatti, l’assassinio dell’albatro rappresenta un peccato contro la natura e, pertanto, contro Dio. Per questo motivo il marinaio, divorato dall’angoscia e dalla solitudine, è costretto a scontare le proprie colpe con uno stato temporaneo di espiazione e pena, in rappresentanza del fuoco del Purgatorio.
Il Concerto per clarinetto, viola e orchestra di Max Bruch, proposto in questo concerto nella versione elaborata dallo stesso autore per violino, viola e orchestra, è una delle ultime opere del compositore, è un brano dal carattere tardo-romantico, scritto mentre vanno affermandosi dissonanze e atonalità; composto nel 1911 per suo figlio Max Felix, venticinquenne, che da poco aveva iniziato la carriera di clarinettista, viene eseguito per la prima volta a marzo del 1912 nella città di Wilhelmshaven con il violista Willy Hess. Come già anticipato nasce in un momento storico di grandi trasformazioni del linguaggio musicale, e testimonia la volontà del compositore di essere impermeabile a questi cambiamenti. Troviamo anzi la fede professata da Bruch nella tradizione del tardo romanticismo tedesco, nei modelli di Brahms e di Mendelssohn, nel suo radicale rifiuto verso ogni novità, verso le «follie moderne» di compositori come Strauss, Reger, e Debussy, che egli definì come un «inqualificabile imbrattacarte». Lo spirito del brano è un ventaglio di caratteri espressivi e di umori intimamente romantici, con una vena intimista e nostalgica data anche dalla prevalente tonalità minore.
II 22 dicembre 1808 il Theater an der Wien ospitava un concerto di musiche di Beethoven che allineava quattro novità assolute: la Sesta Sinfonìa, la Fantasia per pianoforte, coro e orchestra op. 80, il Quarto Concerto per pianoforte e la Quinta Sinfonia; lavoro, quest’ultimo, che, fra tutti quelli proposti, aveva impegnato l’autore per il periodo più lungo di gestazione. I primi abbozzi risalivano al 1804, e la stesura era stata più volte interrotta, fra l’altro, quando i primi due tempi erano già abbozzati, per la creazione della Quarta Sinfonia; il lavoro si era concentrato soprattutto nel 1807. Questo sforzo creativo doveva tradursi in una delle partiture più innovative di Beethoven, sotto i differenti profili della complessità e varietà di scrittura, della coerenza interna e delle ambizioni concettuali. Fattori, questi, che vennero immediatamente colti da un recensore d’eccezione, E. Th. A. Hoffmann, il quale tracciò una descrizione altamente ammirativa, ma anche acutamente analitica sulla “Allgemeine Musikalische Zeitung”, la rivista musicale più importante dell’epoca. Le ambizioni concettuali appartengono, del resto, a tutto il Beethoven sinfonico. Occorre tenere sempre ben presenti le parole del musicologo Paul Bekker, che, nel 1918 individuava l’elemento di rottura del sinfonismo di Beethoven non nella invenzione di un nuovo modello sinfonico, ma di un nuovo pubblico, non più contingente ma universale:
Attraverso i decenni e i secoli la Quinta si è imposta nella coscienza collettiva come la più paradigmatica fra le Sinfonie di Beethoven, ovvero come quella che, fra le nove partiture, riassume ed esemplifica meglio i tratti della personalità dell’autore. Convinzione, questa, che è certamente legata a una immagine idealistica e tendenziosa del Beethoven titanico, sublime e grandioso (l’elemento del gioco, dello scherzo, è altrettanto presente nel sinfonismo del compositore) ma che trova precisi riscontri all’interno della partitura. Nella quale conviene osservare subito il principale e più impressionante fattore di novità, ovvero il fatto che i quattro movimenti che si succedono non si limitano ad essere fra loro coerenti rispetto a una idea di base (come era stato per la Sinfonia “Eroica”), ma realizzano un vero e proprio percorso interno, che traduce in suoni un progetto ideale ed emotivo: quello della progressiva transizione da una situazione di tensione e di conflitto a un’affermazione conclusiva in cui i conflitti vengono trionfalmente superati. Che questo percorso interno si configuri come la proiezione in musica dell’etica kantiana, è stato autorevolmente e convincentemente sostenuto; che rifletta inoltre vicende autobiografiche è probabile. Magistrale è comunque la realizzazione strettamente musicale.
Arrigo Quattrocchi