Orchestra Filarmonica Campana

DIGRESSIONI FANTASTICHE

Vienna è stata, per la storia, la capitale della musica per eccellenza, una città cosmopolita in cui i musicisti sono stati protagonisti, con la loro vita, di storie vere e anche “immaginarie” che hanno raccontato frammenti di un grande destino. Tra questi artisti o sognatori o vagabondi le figure di Franz Schubert e Gustav Mahler appaiono e scompaiono, e nelle le loro composizioni l’avventura si fa interiore per indagare le profonde motivazioni dell’arte, per sollevare inquietudini, per alzare il velo su una Vienna più misteriosa, in cui si fondono i destini della storia e della creazione artistica. Schubert e Mahler sono indissolubilmente legati da un destino comune in quanto sono interpreti di un destino universale, che nei dettagli di una vita esclusivamente viennese colse i segni dell’esistere umano, lasciando ai posteri l’eredità di un viaggio, di una ricchezza senza limiti nella mutevole realtà del mondo. Nel 1825, in tournée a Salisburgo, Schubert scrive al fratello di aver creato una forma d’arte inedita: «La maniera in cui Vogl canta e io eseguo l’accompagnamento, dando corpo a un unico interprete, è qualcosa di nuovo e mai udito». Nasce il Lied moderno: qualcosa di «perfetto» che sublima una pratica popolare e la indirizza verso la sua completa metamorfosi, quel Corno del Fanciullo di Mahler che non vede più confini fra art song e sinfonia. Con Schubert nasce anche l’idea di una “poesia in musica”, ovvero una sorta di interpretazione musicale e sonora di brani poetici di autori più o meno importanti, compresi e assimilati dal compositore. In seguito a questa esperienza si ha un punto di svolta che porta all’approfondimento della declamazione della parola, alla sottolineatura di ogni sfumatura psicologica o emozionale che essa può evocare. Una delineazione delle emozioni e dei sentimenti come assoluti, astratti da una specifica realtà concreta. Ed è così che Schubert dona a questa forma una propria prassi ed è così che Mahler raccoglie la sua eredità soprattutto nel portare avanti il concetto di “tradizione viennese”, proponendo una visione trasfigurata e fantastica che è costante in questo tipo di composizioni. In secondo luogo, Mahler ha sempre amato il linguaggio musicale di Schubert, probabilmente apprezzandone l’affinità col proprio. In entrambi infatti, ritroviamo la desolazione dell’individuo, l’idea del Wanderer (“viandante”), lo sguardo ironico ma allo stesso tempo pavido nei confronti di una natura circostante egemone, talvolta maligna, talvolta benevola.