CALLAS LA DIVINA
Maria Callas, al secolo Maria Anna Sofia Cecilia Kalogheropoulos, nacque nel dicembre 1923 a New York da genitori greci. Franco Zeffirelli, regista di prestigiose prime alla Scala, riferendosi a lei esclamò «Ci sono il prima Callas e il dopo Callas» tanta è l’importanza di Maria Callas. «Era quasi una persona immortale incarnata nell’arte lirica, è stata per il canto quello che Toscanini è stato per la direzione d’orchestra». A queste parole del maestro Riccardo Muti si aggiunga che la lirica, grazie a lei, tornò a essere (forse per l’ultima volta) arte popolare, business, colonna sonora delle nostre vite. Merito del suo talento da “soprano drammatico d’agilità”, definizione ottocentesca riesumata per il suo timbro unico. Dotata di “tre voci”, si disse, per la sua eccezionale estensione vocale.
Possedeva una tecnica superlativa, ma soprattutto è ricordata per la maestria, mai vista fino ad allora in teatro, nel fondere canto e recitazione. A questo unì le sfuriate da diva, il mistero del dimagrimento improvviso e la love story da copertina con il miliardario Aristotele Onassis, che fece vendere pile di rotocalchi quando lui lasciò la moglie per lei, ma poi la piantò in asso sposando Jackie Kennedy, la vedova del presidente americano. Dimostrò il suo talento fin da bambina e i genitori le imposero una vita di rinunzie e sacrifici: «fu sfruttata come un enfant prodige; non visse l’infanzia, come non visse la giovinezza. Ecco perché si bruciò in questo suo desiderio finalmente realizzato di follia, di divertimento, con Aristotele Onassis. Lui le fece vivere quello che lei non aveva mai provato prima» racconta il giornalista Alfonso Signorini, autore di un romanzo su Maria Callas. Da bambina, aveva 5 anni, venne investita da un ‘auto e rimase in coma per circa un mese. Con la madre, che nel frattempo si era separata dal marito, si trasferì in Grecia dove inizio a studiare al conservatorio canto. La sua carriera iniziò con Puccini e la Tosca proprio in Grecia, nel 1942, con un successo strepitoso. Merito del suo spirito di sacrificio (studiava 12 ore al giorno) e dello sfiancante lavoro.
Con la fine della guerra venne accusata di collaborazionismo perché aveva cantato anche con compagnie dirette da tedeschi e italiani. Torno allora a New York dove le difficoltà non terminarono e dove la Callas non riuscì a sfondare. A salvarla fu un italiano, il tenore Giovanni Zenatello che nel 1947 la scritturò per la Gioconda di Ponchielli all’Arena di Verona. Il ruolo non fu un successo, ma fu l’occasione per Maria Callas per conoscere l’industriale Giovanni Battista Meneghini che si innamorò di lei a prima vista e si offrì di aiutarla, proponendole di diventare il suo manager. Fu un’accoppiata vincente. Maria Callas diventò l’idolo di tutti i teatri. I due si sposarono e nel 1950 – nell’abitazione milanese di Arturo Toscanini la Callas in un colpo solo si conquisto il direttore d’orchestra e la Scala di Milano, il teatro lirico più prestigioso del mondo.
Tra il 1952 e il 1954 la Callas interpretò 7 opere, divenne un mito e perse 28 chili. Le leggende su questo repentino cambiamento fisico che la portò da 92 a 64 chili furono molte, prima fra tutte quella che avesse volontariamente ingoiato la larva di una tenia. Da grassocia e sgraziata divenne un simbolo di eleganza. Ma la sua forza era la voce: precisa, potente, drammatica. Unica e irripetibile. La parabola artistica e personale di Maria Callas iniziò a precipitare nel 1957, quando conobbe l’armatore greco Aristotele Onassis. Tra i due nacque una relazione e la Callas si separò dal marito. Nel 1958 le vicende personali si intrecciarono ad alcune debacle artistiche dovute a un calo della voce e a diverse interruzioni delle sue esibizioni. Maria Callas continuò ad andare in scena con fortune alterne fino al 1965, ma non resse i continui tradimenti di Onassis che – nel 1968 – le preferì l’ex first lady americana Jackie Kennedy, una “diva” del jet-set. Fu uno scandalo che portò la Callas a nuovi periodi di depressione a cui alternava momenti di sublime eccellenza artistica. L’ultima tournée mondiale risale al 1974. Si ritirò poi a Parigi dove morì il 16 settembre 1977 per arresto cardiaco legato alla complicazione di alcune malattie che aveva avuto sin da bambina. Da tempo soffriva di insonnia e aveva sviluppato una dipendenza da metaqualone, un sedativo che dà effetti simili a quello dei barbiturici. Amò profondamente Meneghini, perse la testa per Onassis, si innamorò di Pasolini (che la diresse in Medea). Non fu mai felice.
Fonte focus.it