L’ARTE DI FAR SOGNARE
L’essenza del Notturno come composizione musicale ispirata alla notte ha sempre un fine evocativo che tende a stimolare nell’ascoltatore l’immaginazione e la riflessione. Ogni campo dell’arte si è da sempre occupato della notte, del cielo stellato, della bellezza ammaliatrice della luna, poiché ancora più antica è l’attrazione che l’uomo ha manifestato di fronte alla notte, l’assenza totale della chiara luce solare; esso è il più ordinario dei fenomeni naturali, ma allo stesso tempo uno dei più temuti a diversi livelli di consapevolezza. Tramite il notturno, dunque, i compositori tentano di esprimere in musica la propria concezione dell’ambiente notturno e le emozioni che di fronte ad esso provano. In tal modo questa forma musicale, pur conservando il carattere meditativo ed immaginativo, presenta un ampio spettro di variabilità, a seconda dell’animo del compositore, ma anche dell’ascoltatore. Ed infatti il notturno, proprio per la sua natura profondamente intima, non sempre risveglia le medesime sensazioni nell’animo di chi riceve il brano rispetto a chi lo ha composto. Pertanto, al suo interno, è possibile percepire la tranquillità meditativa, la quiete dell’animo di fronte ad un paesaggio che è anch’esso calmo, silenzioso, che induce appunto ad intime riflessioni. Possono essere evocati sentimenti di curiosità, di fermento, si può descrivere l’incontro segreto degli amanti. Può esprimere la meraviglia per un ambiente totalmente stravolto dalla mancanza di luce: i contorni confusi, l’assenza dei colori, i riflessi argentei della luna possono trasformare un luogo tanto conosciuto in un ambiente estraneo. Come ciò può far sentire l’uomo in simbiosi con la natura, può però anche risvegliare timori ed inquietudini; non raramente il morire del giorno dispone l’animo umano alla tristezza e ad una amara disillusione. Così un brano può descrivere drammaticamente la disposizione umana interiore, sia che essa sia dominata dalla gioia per una notte limpida e amena, o al contrario dai turbamenti per i “fantasmi” ed i ricordi che l’oscurità richiama, per gli incubi di cui nessuno è sprovvisto. Quando le tenebre rendono vano il più complicato e formidabile dei cinque sensi, la vista, allora i suoni assumono un più alto significato. Soprattutto in un ambiente naturale l’uomo può scoprire un caleidoscopio sonoro che durante le ore diurne non può essere avvertito, il più debole suono diviene ben percepibile. Se dunque l’oscurità della notte rende i fenomeni sonori tanto importanti, quale arte se non la musica può essere la più adatta a tale opera evocatrice? La notte può anche evocare mondi fantastici o misteriosi, o il sogno, dove regna una natura incantata. L’atmosfera sospesa e affascinante creata dal notturno è quindi perfetta per ritrarre un mondo magico popolato dalle più diverse creature magiche. Il concerto “Sogni Notturni”, in cartellone il 21 Luglio 2023 alle ore 21.00 a Vietri sul mare, con l’Orchestra Filarmonica Campana e la direzione musicale del maestro Giulio Marazia, prevede un programma con musiche di Debussy, Weill e Mendelssohn e vuole mettere in relazione i diversi modi di concepire musica ispirata al fascino della notte. Un appuntamento da non perdere, nell’ambito della rassegna concertistica Vietri in scena 2023 curata dal Comune e sotto la direzione artistica del maestro Luigi Avallone, in scena dalla terrazza coloratissima sull’azzurro intenso del mar Tirreno quale è la villa comunale, interamente decorata dalle ceramiche vietresi e con una vista mozzafiato su tutto il golfo di Salerno. Il concerto si apre con Clair de Lune di Claude Debussy, una delle composizioni più famose non solo della suite, ma dell’intera produzione pianistica del compositore francese. Il brano trae ispirazione dalla poesia di Paul Verlaine e presenta una parte iniziale Andante très expressif dalle sonorità incantate attraverso una timbrica che si esprime negli affascinati accordi. Ad essa segue una sezione centrale più animata di grande suggestione, a cui segue la ripresa variata e accorciata della parte iniziale. Nella versione orchestrale, realizzata da André Caplet, intimo amico di Debussy che orchestrò altre sue composizioni, il brano si arricchisce di nuovi timbri e colori che creano atmosfere ancor più soffuse e sospese rispetto all’originale pianistico. Noto per la sua collaborazione con Bertolt Brecht e soprattutto per l’Opera da tre soldi, Kurt Weill, prima di dedicarsi totalmente al teatro, aveva curato anche il genere sinfonico, nel quale, però, ci ha lasciato soltanto due lavori. Dopo una giovanile Sinfonia in un unico movimento, che, composta nel 1921, appare vicina al serialismo, pur non abbandonando la tonalità, Weill ritornò a questo genere soltanto nel 1933, quando, rifugiatosi in Francia, dopo esser stato cacciato via dalla Germania nazista, compose, su commissione della Principessa di Polignac che ne è anche dedicataria, questo lavoro. La Sinfonia, alla prima esecuzione, avvenuta ad Amsterdam l’11 ottobre del 1934 con l’orchestra del Concertgebouw diretta da Bruno Walter, fu molto apprezzata dal pubblico, ma non dalla critica che la stroncò con tale violenza da indurre Weill a dedicarsi completamente al teatro. Dal punto di vista musicale in questa sinfonia appare evidente l’influenza delle canzoni da cabaret che Weill aveva già sperimentato nel suo teatro e soprattutto nell’opera Mahagonny su libretto di Bertolt Brecht. Il primo movimento si apre con un’introduzione lenta (Sostenuto), che si segnala per lo struggente tema affidato alla tromba e sfocia in un brillante Allegro molto. Vero e proprio centro emotivo della sinfonia, il secondo movimento, Largo, è una marcia funebre particolarmente coinvolgente nella quale, nonostante Weill abbia negato la presenza di qualunque programma extramusicale, si percepiscono la tristezza e il senso tragico di desolazione che attanaglia l’animo del compositore costretto all’esilio. È, invece, l’ironia più che la gioia, a permeare di sé il terzo e ultimo movimento, che si apre con un Allegro, nel quale il tema della tromba del primo movimento è sottoposto a una forma di parodia. Del resto un’altra parodia del nazista “passo dell’oca” è la marcia centrale del movimento che si conclude con una travolgente coda (Presto). A una condotta stilistica coerente e sempre omogenea è improntata la musa di Felix Mendelssohn. Vera felicità e facilità, la sua, tale per cui i vari nodi problematici connessi allo spirito romantico si appianano precocemente. In Felix, si direbbe per innata vocazione, il rapporto dialettico fra classicismo e romanticismo raggiunge rapidamente un saldo sincretismo, privo dei retaggi sturmeriani, che si riscontrano in non pochi personaggi della cultura di allora. Nel 1843, in vista di una rappresentazione del Sogno di William Shakespeare fu invitato a comporne le musiche di scena. Per Mendelssohn “pane per i suoi denti” codesto invito che tra l’altro lo rimandava a sedici anni innanzi quando, appena diciassettenne, aveva già dato al mondo un capolavoro, l’Ouverture per il Sogno di una notte di mezza estate, molto probabilmente sotto la spinta di assidue letture di Shakespeare. Altro non fa, quindi che riprendere l’Ouverture com’era nata, estrarne disegni e motivi primari per comporre musiche necessarie all’allestimento. Mendelssohn si riaggancia dunque alla pagina sinfonica del ‘26, usando un’ammirevole coerenza stilistica. Il gioco sottile svolto su diversi piani prospettici, reale e fittizio, del “teatro nel teatro”, gli interventi soprannaturali di personaggi della mitologia celtica danno luogo a interscambiabilità tra sogno e realtà, tra sentimenti autentici e illusori, con una rete di risonanza, echi, richiami, appelli, da cui Mendelssohn trae spunto per puntare le sue carte migliori sugli aspetti fiabeschi, grotteschi, sentimentali.
Guido Turchi