Orchestra Filarmonica Campana

L'EUROPA BAROCCA

La Chiesa di San Giorgio a Salerno ospita il primo evento della nuova stagione concertistica 2023/2024 “Contrasti” dell’Orchestra Filarmonica Campana. In programma Johann Sebastian Bach e Antonio Vivaldi con gli archi dell’OFC, violino solista e direzione Ettore Pellegrino. Musicista con all’attivo un’intensa attività concertistica in formazioni cameristiche e con istituzioni liriche e sinfoniche, sia come spalla che come solista, esibendosi in Italia ed all’estero. Dal 2011 al 2015 e ancora dal 2018 ad oggi ricopre la carica di Direttore artistico dell’Istituzione Sinfonica Abruzzese. Si è perfezionato con interpreti di fama internazionale come G. Carmignola, F. Ayo, F. Gulli, P. Vernikov e I. Grubert. Dal 2000 al 2014 è stato spalla stabile presso l’Orchestra Sinfonica Abruzzese e collabora, sempre con il ruolo di prima parte, con l’Orchestra del Teatro alla Scala di Milano e con l’omonima Orchestra Filarmonica sotto la guida di grandi interpreti quali D. Harding, R. Ticciati, G. Pretre, M. Chung, D. Barenboim, D. Gatti, D. Renzetti, R. De Burgos. Con il ruolo di spalla ha collaborato, inoltre, con l’Orchestra del Teatro Lirico di Cagliari e l’Orchestra Regionale delle MarcheUn concerto che vuole mettere in luce due stili diversi a confronto, quello italiano e quello tedesco, creando un ponte musicale europeo, un incontro musicale fatto di analogie, rimandi, scambi e reciproche influenze nei concerti per violino delle più grandi star della musica barocca. E in un momento storico in cui l’idea di “straniero” e di diversità sono costantemente al centro del dibattito, è quanto mai interessante poter ascoltare – e confrontare – questi stessi temi declinati in musica nell’Europa del 1700. Il lavoro compositivo di Antonio Vivaldi a Venezia suscitò l’interesse di Johann Sebastian Bach a Lipsia il quale, senza muoversi dalla sua cittadella luterana, raggiunto dal successo continentale dell’Estro armonico, ne ripercorse la capricciosa scrittura derivandone trascrizioni per organo e per clavicembalo con orchestra. Quello che più conta in questo caso però non è l’identificazione da parte del compositore tedesco della grande efflorescenza inventiva del Nostro, bensì della sua ferma capacità costruttiva. Ce lo ha testimoniato il biografo Forkel, mostrando Bach preoccupato di non cadere nelle ovvietà di scrittura tipiche dei “compositori con le dita (ovvero ussari della tastiera, come Bach li chiamava)”, coloro cioè i quali lasciavano “che le dita dettassero loro che cosa scrivere, anziché dir loro stessi alle dita cosa suonare”. Orbene, racconta Forkel, in questa necessità di “portare ordine, coerenza e corrispondenza fra le idee […] i concerti per violino di Vivaldi, da poco apparsi, facevano al caso suo. Li udiva lodare spesso quali musiche eccellenti, al punto che gli venne la felice idea di arrangiarli per il suo clavier. Studiò in che modo vi si trattassero le idee, studiò la mutua correlazione di queste, lo schema seguito nella modulazione e molte altre caratteristiche. L’adattamento d’idee e figurazioni concepite per il violino ma inadatte alla tastiera gli insegnò per di più a pensare in termini musicali, cosicché quando ebbe finito non aveva più bisogno di trarre le idee dalle dita, ma al contrario le concepiva, già prima, nella sua immaginazione. Ciò che a Goldoni pareva una carenza del compositore (le irregolarità fraseologiche, le rotture di simmetria, le brusche modulazioni, l’estremizzazione della dinamica, ecc.) proprio per un grande contrappuntista quale fu Bach costituivano i valori di Vivaldi, sicuramente in quanto il tedesco era sì un formidabile conservatore della tradizione ma con l’impegno e la responsabilità di porla all’altezza del tempo e di svolgerla nelle sue potenzialità anticipando addirittura traguardi futuri. Il programma del concerto prevede in apertura il concerto in la minore op. III n. 8 di Antonio Vivaldi, incluso nella celeberrima raccolta dell’«Estro armonico», risalente al 1712, ed è articolato nella classica forma tripartita: allegro-adagio-allegro. La sua struttura stilistica racchiude il concerto solistico e il concerto da camera, in quanto lo strumento principale viene rinforzato da un secondo violino, con funzione non soltanto complementare. Nel primo e nell’ultimo movimento la parte dei due violini solisti è incastonato nel Tutti che imprime il ritmo vivace di un discorso musicale incalzante e travolgente. Il secondo tempo si apre in modo sostenuto e solenne e viene sorretto da un disegno in ottave dell’intero complesso strumentale; secondo i più accreditati studiosi vivaldiani si avverte in questo movimento un chiaro riferimento al gusto teatrale, per la dolce espressività della linea melodica, a mò di duetto lirico. Nel movimento finale il secondo violino imprime un particolare rilievo sonoro ad un determinato episodio melodico, accompagnato dal primo violino su un accordo di semicrome. Secondo un’immagine di Alfred Einstein «sembra a questo punto che in una sala maestosamente decorata porte e finestre vengano spalancate per salutare la grande natura sconfinata. E’ un passaggio fiero e nobilmente patetico, quale non si conosceva nel secolo diciottesimo: è il richiamo di un uomo libero al mondo». A seguire l’integrale per violino di Johann Sebastian Bach. Il primo concerto quello in la minore per violino e archi (come l’altro in mi) appartiene al fecondo periodo di Köthen e fu scritto quindi per la piccola orchestra del principe Leopoldo. Il violino funge, ovviamente, non come strumento solista in senso moderno, ma come violino concertante, cioè rivaleggiante in bravura con gli altri. Il secondo concerto in mi maggiore, è anch’esso regolarmente composto nei tre movimenti di prammatica (secondo lo schema Allegro-Largo-Allegro), e prevede una dialettica interna fondata sull’alternanza di sezioni affidate ai “Tutti” e al “Solo”. Peculiari sono le scelte espressive bachiane, che vedono il solista evitare esibizionismi virtuosistici, ed impegnarsi piuttosto in una scrittura complessa per la sua levigatezza. Il concerto in re minore per due violini BWV 1043 nel primo movimente vede alternarsi quattro ritornelli e tre episodi solistici, ma Bach combina questo schema italiano con la fuga, la forma più complessa della musica contrappuntistica. I ritornelli presentano il soggetto della fuga. Nei soli prevalgono le imitazioni tra i due violini che spesso procedono a canone, suonando uno dopo l’altro lo stesso motivo. Anche se lo spessore sonoro è diminuito nettamente rispetto al tutti, la scrittura è densa, e Bach ottiene la coesione nel movimento utilizzando spunti del ritornello anche nei soli. Il Largo, ma non tanto ha uno schema tripartito A-B-A, chiaramente derivato dall’aria col da capo. Emerge la cantabilità calma e tranquilla dei due violini che, ancora a canone, intrecciano uno dopo l’altro la melodia, mentre l’orchestra accompagna in sottofondo con una pulsazione di accordi. L’Allegro finale ha una forma a ritornello. Ma quest’ultimo compare integralmente solo all’inizio e alla fine, mentre la seconda, terza e quarta ripresa ne presentano solo alcune sezioni. È un modo di procedere molto frequente in Bach, che compone ritornelli più lunghi e complessi di Vivaldi. Nei quattro soli l’autore utilizza lo stesso materiale: il secondo e il quarto episodio non sono altro che il primo, ma trasportato in altre tonalità. Inoltre l’episodio iniziale è simile al ritornello del Vivace: le sezioni si compenetrano una nell’altra, lo stile contrappuntistico si fonde con quello concertante, tutto risponde ad un ordine razionale.

Roberta Gellona