L'INTENSITA' DEI SENTIMENTI
Sarà il direttore d’orchestra polacco Szymon Makowski a dirigere il concerto “Divinamente Romantici” che prevede musiche di Giuseppe Verdi, Sergej Rachmaninov e Franz Liszt. Negli ultimi anni ha lavorato con molte prestigiose orchestre in tutta Europa tra cui: Orchestra Sinfonica Nazionale della Radio Polacca, Orchestra Filarmonica di Cracovia, Orchestre Philharmonique de Monte Carlo, Orchestre National de Lorraine, Orchestra Sinfonica della Radio di Francoforte, Frankfurter Opern und Museumsorchester, Regensburg Theater, Orchestre Victor Hugo Franche-Comte, Theater Regensburg, Orquesta do Algarve, Sofia Festival Orchestra e Orchestra della Fondazione Bulgaria Classic. In apertura la sinfonia dall’opera “Luisa Miller” di Giuseppe Verdi che rappresenta in modo efficace la tensione emotiva che pervade il racconto, molto movimentato e caratterizzato da moltissima passione. La tensione non viene mai meno grazie anche all’uso di un contrappunto a tinte sinfoniche. A seguire il Concerto per pianoforte e orchestra n. 2 op. 18 di Sergej Rachmaninov, interpretato dalla pianista tedesca Schaghajegh Nosrati che si è già esibita con successo di critica e di pubblico in diverse sale in Europa, America e Asia come la Philharmonie di Essen, la Berlin Philharmonie, la Berlin Konzerthaus, la Gewandhaus Leipzig, il Palais des Beaux Arts di Bruxelles, la Tonhalle di Zurigo e la Carnegie Hall di New York. Nella produzione di Rachmaninov il Concerto n. 2 per pianoforte e orchestra è uno dei pezzi più eseguiti dai pianisti per le caratteristiche della scrittura solistica, tecnicamente brillante e ricca di intenso lirismo. Il pianoforte ha un ruolo preminente rispetto all’orchestra concepita quasi sempre in forma di accompagnamento e contrapposta allo strumento solista in un gioco di luci dosato secondo un raffinato gusto delle sonorità. Nato centocinquanta anni fa, nel 1873 e morto esattamente 70 anni fa, nel 1943. Dalla sua morte una lunga, ininterrotta, quasi travolgente fortuna esecutiva si è accompagnata ad una non altrettanto lineare fortuna critica. Un avvicendarsi di opinioni, analisi, ricostruzioni le più diverse che hanno costellato gli 80 anni di ricezione della sua musica. E mentre nelle sale da concerto le sue composizioni non conoscevano flessioni di interesse, ma anzi sempre più venivano considerate ed eseguite dagli interpreti, in campo strettamente musicologico la figura di Rachmaninov per molto tempo non è stata presa in seria considerazione. Nel frattempo anche il mondo del cinema a piene mani attingeva alla sua musica. E’ una delle ultime espressioni e incarnazioni della figura del concertista-compositore dell’epoca tardo-romantica, secondo la tradizione di un Liszt e di un Busoni, e si può dire che il suo nome sia legato più alla sua attività di interprete, di direttore d’orchestra e soprattutto di pianista che non a quella di autore e creatore di musica, anche se la sua produzione è abbastanza rilevante e comprende tre lavori teatrali, due oratori, tre sinfonie, diversi poemi sinfonici, un numero stragrande di liriche vocali e quattro concerti per pianoforte e orchestra. Rachmaninov, infatti, fu un formidabile virtuoso della tastiera e riversò principalmente nelle composizioni per pianoforte tutto il suo mondo espressivo e il suo temperamento solitario e introverso, incurante e quasi sprezzante verso tutto ciò che di nuovo fermentava nel mondo musicale nel periodo compreso tra la prima e la seconda guerra mondiale. Non è mancato tra i musicologi chi ha sostenuto, fra l’altro, che Rachmaninov decise nel 1918 di stabilirsi definitivamente negli Stati Uniti perché la sua natura eclettica e fortemente individualista si sentiva più vicina all’arte occidentale e internazionale che non a quella più propriamente russa. “Les Prèludes” di Franz Liszt, che chiudono il programma, nacquero in origine come Ouverture ad una composizione corale con accompagnamento d’orchestra, dal titolo Les quatres elements, su versi del poeta provenzale Joseph Austran, conosciuto a Marsiglia nel 1844.1 materiali del Poema Sinfonico provengono da quei quattro cori denominati Les aquilons, Les flots, Les astres, La terre. La prima orchestrazione, nel 1850, fu affidata da Liszt, non ancora sicurissimo in materia, al collaboratore Joachim Raaf, che pose le basi per le successive definitive revisioni del compositore tra il 1852 e il ’54; l’autore ne diresse la prima a Weimar il 23 febbraio di quell’anno. Come tutti i Poemi Sinfonici, Les Prèludes compendia in un unico movimento ciò che la Sinfonia ripartisce in quattro; la sua struttura è tuttavia assai articolata e vi si ravvisano tredici diversi episodi che muovono tutti da uno stesso nucleo tematico, costantemente variato. L’introduzione, con un “sipario” degli archi gravi stabilisce il clima misterioso e di estrema tensione e sancisce l’affermazione del tema principale, grandioso, affidato a tutte le sezioni degli ottoni, che ritornerà nella conclusione. Gli episodi “pastorali” (in particolare quello affidato ai corni, che poi passerà al concertino di fiati e infine agli archi), introducono temi cantabili atti a suggerire il momentaneo ripiegamento consolatorio dell’eroe. Il risveglio allo “squillo di trombe” è repentino e la “tinta”, verdianamente intesa, si fa corrusca. Il melos è sottoposto a una continua variazione ritmica, che reca allo svolgimento del pezzo una continua arsi e tesi psicologica: lo distende orizzontalmente, ma al contempo la complessa armonia politonale gli conferisce una sorta di statica fissità. Liszt gonfia l’orchestra e amplifica indicazioni agogiche e dinamiche per richiamare gli stati d’animo connessi a questo “viaggio” dell’eroe. Una tecnica pittorica, quasi simbolista, in cui la luce si incarica di rendere l’immagine di un paesaggio unitario eppure sempre cangiante.
Marco Spada